Traduzione siciliana di Sebastiano Burgaretta

Burgaretta coniuga la personale sensibilità poetica con la straordi­naria versatilità del vernacolo, che gli concede un ampio margine di libertà nella sperimentazione. Egli riesce, così, a far suonare le cor­de di una lingua molto più vecchia del greco antico, della quale può sfruttare le ricchezze che apporti plurietnici e stratificati hanno de­positato nei secoli.

Ne risulta una infinita gamma di possibilità espressive a tutto van­taggio di una fedeltà viva, e non vile, all'originale. E' una vivacità drammaturgica impareggiabile.

I meriti di questa traduzione, però, non concernono solo la teatrali­tà, la pregnanza o la musicalità. Non si tratta soltanto di un eserci­zio di stile.

Il Simposio, questo capolavoro senza tempo, appare ora in una lin­gua conviviale, una lingua di nessun esercito, di nessuna burocrazia e di nessuna televisione. È cifrato dentro un codice del cuore, spon­taneo e sperimentale. È come salvato, scampato al diluvio delle chiacchiere tutte uguali, del flusso impersonale, standardizzato, ro­botico dei media, così potente da inventare una parola al giorno e distruggerne cento.